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Fu vera gloria?

 

Giovanni Giolitti

 

Tratto da Cubia n° 98 – Gennaio 2010

Anche Giovanni Giolitti ebbe i suoi bravi guai giudiziari, ma rimane assodata la sua elevata qualità di statista illuminato che seppe transitare le classi liberali elitarie e dominanti verso sensibilità popolari.

Sul finire del ventesimo secolo fu ordita una massiccia e aggressiva caccia ad un intero ceto politico, convinti che fosse stato colpito da peste predatoria. Della variopinta masnada fu escluso il partito comunista, che pure controllava una buona parte di Comuni, Province, Regioni, perché ritenuto vaccinato rispetto ad una presunta e non dimostrata superiorità morale. Innumerevoli furono gli avvisi di garanzia, interrogatori, indagini. Decine le persone sospettate, diverse finite nelle patrie galere, alcune non ressero alla vergogna e cercarono la morte.

Il comune cittadino che viveva quelle vicende dovette pensare che un’ondata di malaffare avesse sommerso l’Italia come non era avvenuto in tutta la storia post-unitaria. Oggi, l’osservatore indipendente e disincantato può comprendere che ci fu molta esagerazione. Dalle ultime relazioni della Corte dei Conti (massima magistratura contabile) abbiamo appreso che la società italiana è attraversata da una corruzione montante e da un enorme giro di affari illeciti. Tutti sanno che le varie mafie, che controllano interi territori, non esisterebbero se fossero recisi i legami con il mondo politico. Quindi, è lecito supporre che quella stagione non abbia avuto un culmine o un disgustoso picco, ma facesse parte della fisiologica e immorale gestione del potere.

La più illustre vittima fu il già presidente del consiglio Bettino Craxi. La travagliata storia del socialismo italiano comprende anche il vassallaggio al gigante comunista, peraltro succube delle impostazioni moscovite. Furono il faentino Pietro Nenni prima, e poi il suo allievo Craxi, che cercarono la via dell’autonomia, liberandosi dai lacci che li soffocavano. Un altro romagnolo aveva abbandonato le suggestioni della rivoluzione per confrontarsi con le istituzioni parlamentari-democratiche, e rispondeva al nome di Andrea Costa.

Se da un lato ci furono i perseguitati, dall’altro ci furono i persecutori. Il più illustre è quel Tonino da Montenero di Bisacca che, apertasi una brillante carriera politica, non ha dismesso i panni del giustiziere.

E’ necessario che lo Stato ritrovi il proprio prestigio nell’equilibrio dei vari poteri. La Costituzione deve essere modificata e aggiornata, ma non può prescindere dall’assunto fondamentale che “la sovranità appartiene al popolo”. Ancora Silvio Berlusconi è atteso da numerosi appuntamenti con le procure, ma ha fatto sapere che le valigie sono già pronte per una trasvolata nell’accogliente Panama sudamericana. Non vorremmo che due presidenti del Consiglio della nostra amata Repubblica avessero lo stesso destino.

di Giampaolo Bazzocchi

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